ENDURANCE E PASTO PRE-WORKOUT
Vi può essere una efficace relazione tra endurance e pasto pre-workout? La risposta é sì, l’alimentazione diviene, dunque, un mezzo per produrre uno stimolo allenante. Lo spiega in questo articolo la Dott.ssa Biorci, esperta nutrizionista di Trail Running Movement.
Gli allenamenti si costruiscono sostanzialmente su due variabili: durata e intensità.
In aggiunta però – allo scopo di influenzare le risposte fisiologiche e molecolari agli allenamenti – si può ragionare anche sulla disponibilità di nutrienti prima e durante l’esercizio e l’impatto che essi hanno in termini di stimoli indotti.
Premessa necessaria è il senso diverso che hanno allenamento e performance. Ci si allena con fatica e tempi spesso pessimi, per poi gareggiare con risultato. Ci si allena per stimolare l’ossidazione dei grassi, così da usarli come efficiente carburante nelle gare. Ci si allena per sviluppare nuovi mitocondri e ampliare le creste mitocondriali già esistenti, così da massimizzare la produzione di ATP e la possibilità di contrarre più a lungo.
E l’allenamento al mattino, a digiuno dalla sera precedente, lavora in queste direzioni.
I livelli di glicogeno epatico in media si dimezzano durante una notte di digiuno e l’esercizio in tali condizioni obbliga l’organismo a utilizzare i grassi. E l’attivazione di tale processo – la b-ossidazione – regola a sua volta una cascata di segnali che porta alla formazione di nuovi mitocondri.
Volendo poi intensificare l’ossidazione dei lipidi, l’allenamento andrebbe svolto non solo in condizioni di scarso glicogeno epatico (dalla notte di digiuno), ma anche di scarso glicogeno muscolare: quindi notte di digiuno, primo allenamento, solo acqua ad integrare, poi una seconda sessione di allenamento.
È abbastanza intuitivo comprendere come ciò possa però affaticare atleti abituati a sessioni di allenamento giornaliere ed intense. In particolare, l’esercizio in condizioni di digiuno notturno potrebbe portare ad un bilancio energetico negativo, associato a perdita muscolare, a disfunzioni ormonali e immunitarie.
Per limitare tali danni, una possibilità è l’impiego di proteine nel pre-allenamento. Con i benefici sull’ossidazione dei grassi che rimarrebbero garantiti.
Oltre a stimolare l’utilizzo dei lipidi, l’allenamento va anche mirato a stimolare l’utilizzo dei carboidrati. E allora, lavorando ancora sul pasto pre-allenamento, è importante variare e effettuare sessioni con il carico di carboidrati, 3 ore prima. Così si stimola la produzione di enzimi glicolitici, utili appunto per la efficiente gestione dei carboidrati in gara.
Quindi, le attuali linee guida in materia di nutrizione sportiva suggeriscono di allenarsi sia con un’elevata disponibilità di carboidrati, al fine di migliorare l’ossidazione dei carboidrati stessi, sia con una bassa disponibilità di carboidrati per aumentare la sintesi dei mitocondri e l’ossidazione dei grassi.
In sintesi, il pre-workout potrebbe essere così razionalizzato:
Esercizi <90 minuti da bassa a moderata intensità: digiuno o 10-30g di proteine. Obiettivi: ossidazione dei grassi e adattamenti metabolici
Esercizi <90 minuti ad alta intensità: 0-75g di carboidrati e/o 10-30g di proteine. Obiettivi: sviluppo della capacità aerobica e adattamenti metabolici
Esercizi >90 minuti, da bassa a moderata intensità: 0-75g di carboidrati o 10-30g di proteine. Obiettivi: ossidazione dei grassi e adattamenti metabolici
Esercizi >90 minuti, ad alta intensità: 75-150g di carboidrati e 10-30g di proteine. Obiettivi: performance e adattamenti metabolici
Quindi alimentazione come stimolo allenante.
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